La gestione del rischio in ambito di prestazioni sanitarie è una recente acquisizione per l’attività professionale in Italia, ma risale nel tempo agli anni ‘70 per quanto riguarda altre realtà sociali ed economiche soprattutto dei paesi anglosassoni.

Se si vogliono trovare i documenti che esplicitano la necessità di un intervento strutturale di risk management nell’attività clinica e terapeutica in Italia si possono citare la Circolare 46 del 27/12/2004 del Ministero della Sanità successivamente integrata e chiarita, ma anche, restando in ambito di servizio  reso nella Regione Marche il Piano Sanitario 2002-2005 e seguenti.

Le numerose pubblicazioni che si sono succedute negli anni a seguito dell’esplodere del contenzioso medico (entro il 2015 si prevede il raddoppio rispetto al 2005) e della affermazione sempre più netta dei “diritti del malato”(a partire dall’art.14 della Carta Europea per i diritti del malato che recita :” 14. Diritto al risarcimento. Ogni individuo ha il diritto di ricevere un sufficiente risarcimento in un tempo ragionevolmente breve ogni qual volta abbia sofferto un danno fisico ovvero morale e psicologico causato da un trattamento di un servizio sanitario” hanno sempre più acceso un allarmato richiamo al mutare della giurisprudenza contro il principio della obbligazione di mezzi a favore della “obbligazione di risultati” quasi si fosse di fronte ad una riparazione meccanica o idraulica anziché ad una cura di un essere umano dalla patologia manifestata alla salute sperata.

Le pubblicazioni sono però orientate a valutare il rischio di struttura e cioè dell’Ospedale o Clinica intesa come “Ente” e non il rischio di pregiudizio morale etico professionale ed umano del medico coinvolto nell’accertamento di questi presunti “danni” arrecati al malato.

Non c’è da stupirsi allora se ormai da anni sembra quasi prevalere in ambito clinico la cosiddetta “medicina difensiva” con la quale si intende la prassi medica che mette almeno sullo stesso piano la terapia scientificamente più idonea a curare il paziente  con quella praticamente più idonea a proteggere il professionista da possibili contestazioni e richieste di risarcimento in caso di esito non favorevole o sgradito.

In poche righe non è possibile dare indicazioni se non per sommi capi e necessariamente generici tuttavia se si vuole affermare l’arte medica come un talento individuale oltreché come il portato di tutta la cultura ed esperienza ormai millenaria dell’Occidente, bisogna capovolgere l’ottica da cui si parte per sbagliare sempre meno (perché sbagliare è umano, perseverare…)

Innanzi tutto bisogna sapere che quando si opera in una struttura c’è un margine di rischio legato al conflitto di interessi in caso di “EVENTO AVVERSO” cioè di un evento in cui l’esito è indiscutibilmente negativo rispetto al normale processo causa-effetto tra aspettativa diagnostica, terapia applicata e prognosi del paziente (ad oggi si stima nel 0,5% ,senza scrematura dei cosiddetti “falsi errori”, la percentuale di eventi avversi nel sistema sanitario nazionale)

I punti negativi per la onorabilità professionalità  ed umanità del professionista medico sono:

Rispetto alla struttura sono da evitare:

  • LA CACCIA AL COLPEVOLE
  • LA GESTIONE PURAMENTE BUROCRATICA DELLE LINEE GUIDA DI PREVENZIONE E GESTIONE DELLA C.D. “MALPRACTICE”
  • IL LAVORO IN TEAM NON SUPPORTATO DA CONOSCENZA E TECNOLOGIA ADEGUATA

C’è però da evidenziare che l’attore di richieste danni, spesso fomentato da studi legali esperti in cause proditorie, è il paziente (secondo lo studio della fondazione Kaiser il 30% degli ex pazienti pensa che a lui o a familiari o conoscenti possano essere state somministrate in passato cure errate o inadeguate) e quindi rispetto a lui vanno assolutamente rispettati tutti i codici di comportamenti prescritti e consigliati ovvero:

  • RELAZIONE PERSONALIZZATA E “CALDA” CON IL CLIENTE-PAZIENTE
  • COMUNICAZIONE E RACCOLTA  DI CONSENSO SULLE TERAPIE PROPOSTE ,SCELTE LIBERAMENTE DAL PAZIENTE E SPIEGATE NEI LORO RISCHI
  • CONTROLLO DEL TEAM E ATTIVITA’ DI MONITORAGGIO DEL LAVORO COMUNE RISPETTO AL PAZIENTE NONCHE’ ANALISI DEGLI “ALERT CASES” (QUASI DANNI…)
  • ACCESSO ALLA BANCA DATI SU CASI ANALOGHI E ESPERIENZIATI FERMO L’OBBLIGO DI PRIVACY
  • FEEDBACK POSITIVO DA RACCOGLIERE IN PROSSIMITA’ DELLA PRESTAZIONE MEDICA EROGATA

Predisposto un buon impianto di prevenzione e un sistema di gestione delle criticità per ridurre i casi di rischio in aggravamento, restano i casi sfavorevoli e di questi quelli che non risolti in ambito di comprensione umana, sfociano in contenzioso per i quali è utile il trasferimento del rischio all’assicuratore con questo schema:

  • TUTELA LEGALE PERSONALE E DIRETTA CHE PUO’ OPERARE ANCHE AVVERSO LA POSIZIONE GIURIDICA TENUTA DALLA STRUTTURA SANITARIA SE CONFLIGGENTE CON L’INTERESSE E L’ONORABILITA’ DEL MEDICO
  • COPERTURA RC PROFESSIONALE A 360° STIPULATA PERSONALMENTE E GESTITA PERSONALMENTE CON L’ASSICURATORE SIA NEL CASO DI IPOTETICA COLPA LIEVE CHE NEL CASO DI COLPA GRAVE

Questa attività può giovarsi della professionalità di un broker personale in quanto…

“Il primo dovere del broker è quello di rappresentare l’assicurato, di capire le sue esigenze, di sottoporre i suoi rischi alle Compagnie nel modo per lui più favorevole; di ottenere per lui le condizioni migliori al momento della stipulazione della polizza; e, in caso di sinistro, di interessarsi per la liquidazione, di incassare il denaro dalla Compagnia e di versarlo all’assicurato con tempestività. Il broker deve conoscere il mercato, essere capace di selezionare la Compagnia più adatta per ciascun rischio, avere sufficiente conoscenza del diritto per accertarsi che la polizza di assicurazione sia stipulata nella forma giusta; deve preparare la polizza e farla firmare dalla Compagnia, fornire il proprio aiuto e la propria guida nella preparazione e nelle trattative dei sinistri, e agire generalmente come filosofo e amico dei clienti che gli affidano i propri interessi”
(Lloyd’s Costitutive Act)